La Giunta regionale del Piemonte ha licenziato la delibera dell’assessore alla Sanità Antonio Saitta che garantisce la possibilità di accedere alle cure a base di cannabinoidi dietro ricetta medica e rimborsabile dal Servizio sanitario regionale per i residenti in Piemonte. Allo scopo di rendere la cannabis accessibile ai malati a prezzi calmierati, la regione ha approvato un fondo da 200 mila euro, il quale servirà a coprire le spese sostenute per le cure.
LEGGE ATTIVA DA GENNAIO 2016. Il testo sarà presentato in Commissione la prossima settimana, dove dovrà superare una nuova discussione prima dell’approvazione definitiva. Con i tempi tecnici previsti per approvazione e pubblicazione della nuova legge si arriverà con ogni probabilità a gennaio, mese in cui la legge dovrebbe diventare attiva a tutti gli effetti. Difficile al momento calcolare se i fondi destinati per garantire l’accesso alla cannabis per i malati si riveleranno sufficienti, anche perché al momento in regione non si conosce neppure il numero dei potenziali pazienti che otterranno una ricetta per la cannabis. Inoltre non è semplice quantificare neanche la cannabis che verrà resa disponibile dalla produzione italiana (attiva allo Stabilimento chimico farmaceutico di Firenze) e quanta invece dovrà esserne importata dall’Olanda a costi notevolmente superiori. Non è possibile quindi sapere al momento se i 200 mila euro stanziati saranno sufficienti per garantire l’accesso gratuito alla cannabis o se comporteranno solo uno sconto.
I LIMITI CONTENUTI NEL TESTO. Le legge mostra ancora ovvi limiti. Innanzitutto collegati al fatto che la cannabis, come dichiarato dallo stesso assessore alla Sanità Antonio Saitta, “sarà prescrivibile solo nel caso in cui i trattamenti consueti non abbiano prodotto gli effetti desiderati e solo per alcune precise patologie gravi”. Particolari che uniti al fatto che, almeno da quanto si è appreso sino ad ora, la regione non abbia previsto direttive per formare i medici (molti dei quali restii a prescrivere la cannabis e disinformati sulla possibilità di farlo) rischia di limitare fortemente le possibilità di accesso ad una cura che già dal 2007 è formalmente garantita dalla legge italiana. Limiti che andranno verificati e (si spera) superati in corso di attuazione.
Fonte DolceVitaOnline.it