Canapa Industriale, la nuova legge arriva in Italia per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa, il testo è stato approvato dalla Commissione agricoltura del Senato e tra pochi giorni sarà in Gazzetta Ufficiale.
Si gettano, dunque, le basi per il rilancio della filiera industriale di canapa che fino al secolo scorso ha visto l’Italia tra i maggiori produttori mondiali. La proposta era partita dal Movimento 5 stelle nel lontano 2013 e dopo vari stop ha visto finalmente la luce.
La legge per lo sviluppo della filiera della canapa industriale prevede il sostegno della coltura finalizzata alla coltivazione e alla trasformazione,l’incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali, lo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale.
E ancora l’utilizzo per la produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori e alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca.
“La canapa è un prodotto estremamente versatile, che trova applicazione in numerosi settori, rivelandosi una valida alternativa a prodotti sintetici e inquinanti. Lo sviluppo di questa filiera può interessare non solo l’agroalimentare, ma anche la bioedilizia, il tessile, l’industria della carta, delle materie plastiche e dei carburanti”, spiega in una nota stampa Luca Sani, presidente della XIII Commissione agricoltura della Camera.
“La canapa viene utilizzata nel tessile per prodotti di moda, nella cosmesi, negli imballaggi in coerenza con la linea biologica di produzione del vino e dell’olio extra vergine di oliva e nell’alimentazione sotto forma di farine, foglie per infusi, semi e olio e perfino nei prodotti per l’isolamento termico e acustico degli edifici. È una coltivazione che assolve funzioni ambientalirispetto a suoli compromessi e al contenimento della CO2″, continua l’onorevole.
“L’Italia è stata da sempre luogo ideale per la coltivazione della canapa industriale di qualità. Qualità che se ben collegata al valore aggiunto del “made in Italy” può rappresentare una spinta rilevante sia per l’agricoltura che per gli altri settori di trasformazione e produzione che vedono protagonista la canapa”.
Secondo Coldiretti:
“Con l’approvazione della legge si sostiene il ritorno della canapa in Italia reso possibile da oltre 300 aziende che la coltivano su più di mille ettari per le molteplici opportunità di mercato offerte dai tessuti ai materiali edili, ma anche olio, vernici, saponi, cere, cosmetici, detersivi, carta, imballa ggi oltre a pasta e birra. E’ in realtà un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta”.
Cosa cambia con la nuova legge?
La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell‘impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione, si legge nel testo.
In Italia, la coltivazione di canapa industriale non è vietata tuttavia il gap delle leggi antidroga ha spesso portato il caos nel settore. Nel 1997 una circolare del ministero delle Politiche agricole e forestali aveva cercato di sanare la situazione, oggi forse superata da questa legge quadro.
Tra le novità c’è quella che non sarà più necessaria l’autorizzazione per la semina di varietà certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2%. Nessuna comunicazione quindi, tramite modulo di denuncia (come avveniva prima, da fare a Polizia di stato, Carabinieri e Guardia di Finanza).
Il coltivatore ha l’obbligo della conservazione dei cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi. Ha altresì l’obbligo di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente, si legge nel testo.
Secondo cambiamento quello dei finanziamenti: 700mila euro l’anno saranno stanziati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per la creazione di impianti di trasformazione.
Infine, i controlli saranno eseguiti da un unico soggetto e la percentuale di THC nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare alcun problema per l’agricoltore.
Scarica qui il testo di legge
Source: GreenMe