Come si sta preparando l’Italia
al «sì» sulla cannabis terapeutica
Il momento da cerchiare sul calendario è giugno 2016, ovvero il mese in cui l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, darà o meno il proprio placet alla coltivazione della marijuana a scopi curativi in Italia. Si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione, in primo luogo perché significherebbe la definitiva accettazione della cannabis terapeutica nel nostro Paese, e in secondo luogo perché permetterebbe di ridurre i costi importanti a cui le farmacie sono attualmente costrette per importare marijuana da Paesi esteri (Olanda in particolare).
In Italia già ci si prepara. Circola, e da diverso tempo, un tale ottimismo circa la pronuncia dell’Aifa che in molte zone d’Italia ci si è già portati avanti con il lavoro, così da poter essere immediatamente operativi nel momento in cui dovesse arrivare l’eventuale via libera. A Rovigo, per esempio, esiste già un centro medicinale adibito alla coltivazione e alla selezione della marijuana utilizzabile per scopi curativi: dopo una prima fase in cui le piante vengono fatte crescere grazie a serre dotate di particolari lampadine, i rametti vengono clonati, impiantati in lana di roccia e trasferiti in un incubatore, alla temperatura di 25 gradi e a un’umidità del 90 percento. Da qui le piantine prendono la via dello stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze, che le coltiva fino a raccoglierne le infiorescenze, essiccarle e a confezionare le dosi di farmaco.
CinBo, CinRo, Thc, cannabidiolo… Al momento, sono già stati selezionati due tipologie di prodotti differenti: il CinBo e il CinRo. Il primo è a maggiore concentrazione di Thc, il principio attivo della cannabis, il secondo è mitigato grazie alla presenza di cannabidiolo, agente dalle forti capacità anti-epilettiche. Gli addetti ai lavori spiegano che si tratta di un processo produttivo estremamente controllato, viste le stringenti regole imposte dall’Aifa, al contrario di Paesi come Stati Uniti e Israele dove, per quanto la produzione di cannabis sia legalizzata, i controlli sono decisamente meno stringenti. L’Italia si sta preparando insomma, e ne è ulteriore prova il fatto che 12 Regioni si sono già dotate di norme che regolino l’uso terapeutico della marijuana.
Può far bene per davvero. Nel frattempo, ci sono già diverse testimonianze che certificano che legalizzare la cannabis a scopo terapeutico sarebbe un’ottima idea (dal momento che dietro specifiche prescrizioni mediche e in particolari casi è già possibile usufruirne). «Milioni di persone soffrono di dolore cronico, ma una parte di loro non hanno giovamento dai farmaci tradizionali, dunque potrebbero beneficiare degli effetti della cannabis. Le patologie sono molto diverse fra loro: dalla sclerosi multipla al fuoco di San’tAntonio alle cefalee gravi, dall’epilessia all’Alzheimer», spiega Francesco Crestani, anestesista ed esperto di terapia del dolore presso l’Asl di Rovigo. I costi di un’eventuale cura variano dai 100 a mille euro al mese, in base alla terapia richiesta, e si tratta di prezzi che potrebbero decisamente essere abbattuti se la cannabis venisse prodotta in Italia, così da evitare spese di spedizione dall’estero.
Benefici, non miracoli. A La Stampa un ragazzo affetto fin da bambino da una dolorosissima cefalea cronica ha raccontato la propria esperienza: «Fin da bambino venivo assalito tutti i giorni da un mal di testa così forte che bisogna chiudersi in casa al buio, perché qualsiasi cosa, dai rumori agli odori alla luce, dà fastidio. Un dolore che prende fronte e occhi e nei casi peggiori causa nausea e vomito, e dura tutto il giorno. I medici hanno tentato con svariate cure, ma tutte alla lunga inefficaci. Poi ho provato con la marijuana, e ho visto che ansia e nausea diminuivano. Non era sempre così, ma certi giorni andava bene, altri male, altri ancora non c’erano effetti. Poi ho trovato un medico che mi ha proposto la cannabis medicinale, in dosaggi calcolati: il miglioramento è stato notevole». Diverse statistiche certificano che per determinati tipi di malattia i benefici portati dalla cannabis sono ormai certificati: per la fibromialgia, si verificano miglioramenti nel 45 percento dei casi, per l’emicrania il 52 percento dei pazienti ha visto dimezzato il proprio dolore, così come per i malati di Sla. Anche in caso di tumore, un paziente su tre ha tratto giovamento, da un punto di vista del dolore, grazie all’utilizzo della marijuana. Ottime prospettive, dunque, ma occorre comunque andarci cauti, come spiega Paolo Poli, presidente della Società italiana ricerca cannabis: «A dosaggi controllati, e dopo la titolazione del paziente, può dare tanti benefici a fronte di effetti collaterali pressoché inesistenti, ma non si tratta comunque di un farmaco miracoloso?
Fonte bergamopost